Stagione 1988/1989: se per il tifoso interista i ricordi corrono immediatamente alla squadra Trapattoniana che si aggiudicò il titolo infrangendo ogni record, l’ultras nerazzurro non può non ricordare come quell’annata segnò la nascita di alcuni gruppi Ultras della Curva Nord, alcuni sciolti, altri ancora in attività. Uno di questi sarà destinato a intraprendere un percorso molto importante che lo proietterà a diventare negli anni un punto di riferimento per tutto il movimento, e a contribuire in modo significativo alle vicende che in tre decenni si sono susseguite: gli IRRIDUCIBILI. Il traguardo trentennale che coincide con il cinquantesimo della Curva Nord, non può essere casuale. Le numerose persone che si sono avvicendate in questo lungo periodo hanno portato indubbiamente il loro stile, la propria moda, le proprie influenze, dimostrazione dei cambiamenti generali avvenuti tanto nella società civile quanto nella vita da stadio. Ciò nonostante, i solidi valori di base non sono mai stati minimamente intaccati dal passare del tempo.
Proprio questi elementi sono sempre stati prioritari: la compattezza del gruppo, la coesione dei suoi partecipanti, e la voglia di contribuire in modo uniforme alla sua vita. Anche se è normale che le persone maggiormente esperte e carismatiche abbiano sempre avuto, come in ogni agglomerato umano, una parola più autorevole, è importante rimarcare come qualunque episodio, positivo o negativo, in qualunque periodo, più facile o più difficile, sia sempre stato affrontato con la massima disponibilità e attenzione da parte di ogni singolo componente. Il nome “Irriducibili” venne scelto traendo ispirazione dagli omonimi laziali, che un anno prima fecero il loro esordio nella Nord romana. Se il significato del nome lascia pochi dubbi sul concetto che si volle trasmettere fin da subito, la direzione presa in materia strettamente legata al tifo fu diversa rispetto ai colleghi capitolini al tempo ancora non gemellati. A Roma quasi da subito vennero introdotte novità poi riprese in ogni angolo d’Italia dalla quasi totalità delle tifoserie, in materia stilistica, di tifo e comportamentale. A Milano il contesto fu diverso. Sebbene l’esordio del gruppo con lo striscione avvenne nell’attuale secondo anello arancio dello stadio Meazza, con Corto Maltese come simbolo iniziale, lo stampo fu quello dell’intero movimento ultras interista. Quegli anni terminarono in gran spolvero un decennio comunque positivo come curva e un contributo davvero notevole venne dato dagli Skins che per circa un lustro elevarono ulteriormente un livello già qualitativamente eccelso. Come dice il nome “SKINS”, che sottolinea uno stile di vita quotidiano, legato non solo all’ambito ultras, l’abbigliamento fu quello tipico dello skinhead: bomber, anfibi e bretelle. Lo spirito di emulazione dei frequentatori della Nord unito probabilmente a un tassello stilistico che combacia perfettamente con la vita da stadio, fece sì che la Curva interista apparve con una impronta “militaresca”, più incline all’essenzialità e alla compattezza che agli effetti speciali. Non c’era ovviamente traccia delle coreografie che 30 anni dopo saranno piacevoli abitudini e scomoderanno conoscenze ingegneristiche e informatiche ma la fama che si guadagnarono gli ultras nerazzurri fu dovuta alla spigolosità e alla pericolosità dei suoi gruppi e anche gli Irriducibili non fecero eccezione.
Dopo lo scioglimento degli SKINS nell’ottobre del 1990 e la momentanea esperienza peraltro molto rapida dei gruppi “Shining” e “Snakes”, gli Irriducibili fecero il loro ingresso in Curva Nord, occupando la posizione che ancora oggi li vede stabilmente. La loro iniziale ostentazione politica, coincidente con un periodo in cui l’esposizione di alcuni simboli non era perseguita come accade ora, portò a far confluire all’interno del settore persone che videro un po’ forzatamente il gruppo come prosecuzione naturale dei gloriosi Skins. Se l’aspetto più strettamente legato al tifo nei 90 minuti non ebbe un impatto significativo, il numero, le idee, e la qualità dei suoi componenti permise ancora di più una vita già basilarmente molto autonoma all’interno della curva, quasi disinteressata alle vicende degli altri gruppi. Il tutto aumentò con un altro avvenimento di metà anni 90. Il gruppo Nuova Guardia, che possiamo definire ancora oggi come una banda d’azione che negli incontri casalinghi si posizionava al secondo anello blu, terminò la sua storia dopo pochi ma intensi anni di attività. Diversi elementi di spicco, ai tempi decisamente giovani, si spostarono negli Irriducibili che era appunto visto come il gruppo più simile a loro, quello più indipendente e tosto.
Numero e qualità pertanto giovarono a creare di fatto due entità occupanti entrambe il secondo anello verde: la Curva Nord con i suoi gruppi e gli Irriducibili. Striscioni, cori e organizzazione generale, seguirono sempre strade parallele complice indubbiamente anche un livello generale nemmeno lontanamente paragonabile a quello dei giorni nostri. Data la marcata vena politica che per molti significò non moda ma frequentazione e appartenenza a movimenti ben precisi, si decise di dare un’impronta comportamentale che ancora oggi è riconosciuta e vista con orgoglio e vanto. L’attenzione prestata dagli appartenenti al gruppo ai comportamenti e alle abitudini di tutti i frequentatori del settore, diventò ben presto un tratto distintivo inizialmente maniacale che con gli anni si affievolì perché la notizia di questa “lente di ingrandimento” si diffuse in modo capillare tanto da divenire una must assolutamente normale che non faceva più notizia. E’ risaputo che certi luoghi come le curve possono diventare zone franche per determinate abitudini perciò la guardia fu da sempre molto alta e ancora oggi ha come conseguenza di quel modus operandi della prima ora, una coesione e un gradimento per tutti coloro che potremmo definire ironicamente “salutisti” ma che seriamente si sentono parte in causa di un modo di fare nel quale si riconoscono pienamente. Se queste attenzioni furono il pane domenicale per instaurare un certo tipo di regolamento, il fascino che questo gruppo esercitò su molti fu la quasi totale assenza di selezione per il coinvolgimento di nuove leve. A parte pochi elementi che come detto entrarono nel gruppo in seguito a determinati episodi, fu molto difficile per chi non ebbe a che fare con l’ attivismo politico, partecipare alla vita del gruppo. In linea di massima questa chiusura per l’introduzione di nuove leve ebbe il lato positivo di cementare molto l’unione dei suoi componenti e diede comunque i suoi frutti perché fu un modo di fare che piacque. Nonostante le difficoltà sul farsi notare riscontrate dai più ambiziosi, era comunque un grande orgoglio per tutti vedere le partite in un settore le cui regole molto chiare e innovative erano condivise e accolte con entusiasmo generale. Con il cambio della guardia ai vertici, a cavallo della fine del secolo scorso e dell’inizio del nuovo, si verificò qualche rinnovamento. L’aspetto tifo fino a quel momento ridotto ai minimi termini ottenne nuovo impulso riprendendo la moda che in quel periodo contagiò ogni tifoseria italiana; le bandiere così dette “a due aste” presero piede nelle curve italiane come forma di coreografia spontanea e di partecipazione autonoma. La Nord in questo non fece eccezione e invitò ripetutamente la massa a creare un mare di bandiere. Naturalmente una fascia trasversale alla tifoseria composta dai più attenti, non poté non notare i difetti dell’altro lato della medaglia: carenze stilistiche e, talvolta, significati inopportuni furono l’aspetto negativo su cui ragionare. Gli stendardi di gruppo non presentavano però pecche rispetto alla maggioranza scarsamente controllata. Anche gli Irriducibili si munirono di tali strumenti e ne produssero un numero notevole colorando un settore fino a quel momento grigio e offrendo un notevole colpo d’occhio che lanciò anche un messaggio ben preciso. Molti ragazzi lo percepirono perfettamente e arrivò dritto soprattutto a chi, pur condividendo la fede politica, era più intenzionato a vivere i 90 minuti della partita facendo predominare l’aspetto strettamente legato al tifo e al calcio giocato piuttosto che ad altro. Purtroppo una di queste pezze venne creata per un triste avvenimento; ancora oggi “LELE VIVE” fa bella mostra di se da quei primi 2000, per omaggiare il modo di essere e l’attaccamento di un ragazzo venuto a mancare troppo presto, universalmente stimato, e che incarnava in modo esemplare lo spirito del gruppo. Non mancarono nelle bandiere i riferimenti al gruppo stesso, a spaccati di vita milanese, e ovviamente a slogan perfettamente coincidenti tra politica e stadio. Apparve sullo striscione, esteticamente stabile nel suo utilizzo dopo il valzer di vessilli degli inizi, un nuovo simbolo, il terzo in ordine cronologico del gruppo; il primo fu il già citato Corto Maltese, poco usato e subito rimpiazzato dal duo “paninaro” e Muttley (il famoso cane combina guai dei cartoni animati). Il simpatico personaggio fu propriamente introdotto dalla sigla Zona Nera che insieme a Milano Front furono un binomio di nomi che campeggiavano nel settore Irriducibili per esaurirsi in modo quasi naturale sul finire degli anni 90. Su un telo con campo rosso venne riproposto un logo molto caro a tutti gli ultras interisti e cioè il BULLDOG degli Skins; e si intende proprio quello originale che era parte dello striscione utilizzato dal gruppo durante il suo periodo di attività. Sia per l’esperienza di qualche elemento che visse quel quinquennio, sia per la doppia attività stadio/politica, il Bulldog prese piede e iniziò a essere stampato sul materiale prodotto. Fu un altro fattore di grande fascino che non fece altro che aumentare esponenzialmente le caratteristiche predominanti fino a quel momento. A completare il colpo d’occhio, due striscioni che vennero posizionati sopra quelli del gruppo; la scritta nera su campo giallo “Diffidati Irr” poi successivamente utilizzato prevalentemente per la sola parte DIFFIDATI, è un omaggio ai ragazzi colpiti da DASPO che non possono quindi fisicamente presenziare alle partite con il loro gruppo. Negli anni i vari decreti ministeriali ne complicarono sempre più l’esposizione fino all’impossibilità di introdurlo anche solo saltuariamente. Il secondo venne spostato sulla seconda transenna, occupando quindi uno spazio che era lasciato vuoto da altri striscioni e dal concetto impeccabile: CUORE NERO SANGUE BLU, che ancora oggi può essere ammirato.
Un episodio molto significativo sarà destinato a entrare nelle memorie soprattutto dei più giovani, in quel periodo già parte attiva, condizionando almeno in parte alcune visioni fino a quel momento mai minimamente scalfite. Sul finire della stagione 2001/2002 prima dell’incontro Inter – Aek Atene, una clamorosa leggerezza poteva costare molto cara; gli ultras greci si impossessarono dello striscione ma a loro volta commisero un altro imperdonabile errore dando tempo e modo a tutta la curva interista di mobilitarsi e rientrarne in possesso. Il gruppo che fino a quel momento voleva estraniarsi e camminare da solo si trovò coinvolto in un episodio che iniziò a smuovere in qualcuno determinate certezze, lasciando posto a una visione inizialmente più coesa con la restante parte della tifoseria nerazzurra.
Da ricordare il dualismo accentuato per motivi politici con il gruppo rossonero Fossa dei Leoni, tradizionalmente legato ad ambienti politici di sinistra e al quale era dedicato il coro sin dagli albori “NOI NON SIAMO DEL LEONCAVALLO”. Questo slogan per la verità fu utilizzato come una piacevole abitudine, visto l’ampio significato che trasmetteva. Non era necessario attendere un derby per sentirlo; il coro ritmato dal battimani poteva essere ascoltato di frequente, sia in occasioni di partite contro tifoserie comunque di sinistra, sia come una rivendicazione identitaria. Il boato era ancor più potente dall’unione vocale del resto della curva, comunque storicamente schierata su posizioni analoghe. Terminato il periodo di moda delle “due aste”, lo striscione sulla transenna, si popolò delle cosiddette “pezze”, molto in voga in Italia dai primi anni 2000, le quali rappresentavano zone di appartenenza, sottogruppi o semplicemente idee. Le più rilevanti Novara e la Milano da bere. L’introduzione della pezza ACAB, sigla in quegli anni ancora sconosciuta e non vietata negli stadi, caratterizzava la massiccia presenza di skinheads e dava seguito all’impronta che ha sempre caratterizzato il gruppo. Nel 2007 ci si trovò pronti a far fronte all’ondata repressiva e l’inasprimento delle leggi successive alla morte dell’ispettore Raciti. Le pezze storiche presenti sullo striscione garantirono di aggirare Il divieto di utilizzare striscioni sia in casa che in trasferta, consentendo al gruppo di essere il primo della Nord ad identificarsi nei settori durante le partite, dando spunto agli altri gruppi per la creazione di nuove pezze.
Lo stesso anno, i tragici fatti che portarono alla morte di Gabriele Sandri, videro il gruppo fortemente coinvolto in maniera emotiva e le azioni che si susseguirono durante tutta la giornata portarono a conseguenze che colpirono pesantemente molti Irriducibili. Altra caratteristica che contraddistinse il gruppo per tutti gli anni 2000, fu la realizzazione di mini-coreografie che interessavano il settore occupato. Innumerevoli ne vennero realizzate per il secondo tempo dei derby, altre per occasioni particolari, di rilievo per la pregevole fattura il telo “TRADIZIONE MENEGHINA” e la coreografia celebrativa del ventennale.
Sia per via dei cambiamenti generali che sono avvenuti anche nel mondo ultras, sia per la repressione ciclicamente crescente (vedi l’introduzione della tessera del tifoso), sono stati dei banchi di prova importanti in un processo di crescita per un gruppo comunque giovane sia anagraficamente che di esperienza nel periodo immediatamente post-triplete.
Non meno importante il discorso tessera del tifoso che contribuì in modo decisivo a un allenamento costante verso il continuo miglioramento e la crescita dei più giovani. Mentre quasi tutta Italia rinunciava alle trasferte, la Curva Nord e ovviamente gli irriducibili erano tra i pochissimi ad aderire seppur malvolentieri , consapevoli che una decisione troppo leggera avrebbe potuto avere effetti successivi ben peggiori. Le generazioni e i cambiamenti che si sono susseguiti nel corso del tempo non hanno intaccato la natura del gruppo. All’interno del percorso che ha portato Irriducibili a vivere 30 anni sugli spalti in prima linea, ogni trasformazione ha contribuito ad arrivare ai nostri giorni orgogliosi di ciò che si rappresenta. Ultima di queste evoluzioni avviene dopo la tragedia della morte di Dede, caro Amico per molti, gli arresti a seguito degli scontri di Inter-Napoli e la necessità per l’intera Curva di una presa di coscienza e di un rinnovamento. Questo cambiamento avviene molto profondamente nel gruppo IRR. Ragazzi che hanno militato per anni in Curva si riuniscono, insieme ad alcuni già presenti nella precedente gestione del gruppo, sotto un unico striscione: IRRIDUCIBILI. Compaiono due pezze, simboli di questa unione: il Lupo e 9.8. Con questo rinnovamento si cerca, e sempre si cercherà negli anni che verranno, di vivere il Gruppo come una Famiglia.
L’obiettivo degli Irriducibili è quello di vivere una vita fianco a fianco con i propri amici, non fermandosi al contesto stadio ma affrontando ogni battaglia insieme. Condividere gioie, sacrifici e difficoltà. Combattere l’individualismo radicato nella società mettendo sempre davanti il bene comune a quello del singolo, affrontando quotidianamente battaglie sociali insieme. Tutto questo cercando di lasciare un segno nelle persone che vengono a contatto con quella che potremmo definire la nostra Mentalità, il nostro modo di vivere quei gradoni e, più in generale, la vita di tutti i giorni. Un modo di vivere sviluppato negli anni e tramandato ai ragazzi più giovani da chi guida questa Famiglia.
All’alba di questi primi 30 anni gli Irriducibili percorrono un unico cammino, insieme.